6° capitolo
La verità mi fa male lo so
Asia POV
Drin-drin-drin. Stamattina mi sono decisa: ho programmato la sveglia. Cavolacci, è dura! E che male alla testa!
La giornata non è incominciata al massimo, ma questa sarà una giornata speciale per me: ho deciso che, visto che siamo compagne di banco e uguali nell’aspetto, proverò a fare amicizia con lei. Sì, proprio lei: America Centoni, la ragazza che dal primo giorno ho giudicato come una secchiona, oggi pomeriggio verrà, se accetta, a casa mia.
Oggi non provate a parlarmi o toccarmi, sono in ansia. Mettiamola così: sono una bomba, che se viene appena sfiorata scoppia!
Questa proposta, chissà perché, mi riempie di tensione, quindi forse è meglio non pensarci.
Arrivo in classe: la prof è già arrivata, quindi mi muoverò al cambio dell’ora.
Che pizza, c’è Leopardi. Anche se dovremmo studiare questo emerito cretino in quinto superiore, oggi la prof vuole fare un accenno su colui che lei definisce “l’uomo più simpatico di tutti i tempi”. Sarà, ma io preferisco altri tipi di simpatia, rispetto a sentire questo che “annega nel mare dell’infinito”!
La campanella suona. Colgo la palla al balzo e le chiedo subito: “Senti, non è che ti andrebbe di venire a studiare a casa mia, questo pomeriggio? Sai, anche per conoscerci meglio…”
Vedo che America fa una smorfia di leggero disappunto, poi mi risponde: “Faccio un colpo di telefono a mio padre e chiedo, ma non ti assicuro niente.”
“Ok, come vuoi” replico io.
America va in bagno, per chiamare il padre suppongo, e quando torna mi parla così: “Ascolta, mio padre mi ha dato il permesso, vengo insieme a te sul tuo pullman. Ti va bene?”
“Benissimo” è la mia ultima parola.
Sento un peso in meno sullo stomaco, finalmente; la tensione è passata e io sono tranquillissima.
All’una, dopo il suono della campanella, io e America ci dirigiamo verso la fermata del pullman. Non una parola: il nervosismo è palpabile.
Quando arriviamo a casa mia, comincio subito a preparare il pranzo: spaghetti col sugo. Spero che a lei piacciano, perché io ne vado pazza!
Io e America ci mettiamo a mangiare: sembra che apprezzi. Mentre gustiamo il mio capolavoro, discutiamo sulla scuola, sulla moda e su tante cose interessanti: sotto la maschera da secchiona, questa ragazza, devo ammetterlo, è proprio simpatica. Oltre all’aspetto, siamo molto simili anche nel carattere. Anzi no: non siamo simili, siamo assolutamente complementari, ci completiamo a vicenda. Non mi era mai capitato.
Poi ci mettiamo a fare i compiti: c’è geometria e letteratura. Io sono brava nella prima, mentre osservo che lei è un genio nella seconda. Per me, da sola, ci sarebbe voluto un secolo a finire tutto, ma col suo aiuto su Leopardi finiamo tutto in un’ora.
Sono oramai le sei:America chiama suo padre per farsi venire a prendere, intanto mia madre ritorna dal lavoro.
“Com’è andata a scuola?” mi domanda.
“Tutto bene, qui c’è la mia compagna” rispondo.
“Ah, sì, me ne avevi parlato… scusa, sono distrutta, vado a riposarmi…”
“Certo, mamma” dico io.
America mi dice: “Ah, quella è tua madre?”
“Sì, è lei. Cosa ha detto tuo padre?”
“Alle sette viene a prendermi. Abbiamo solo un’altra ora, purtroppo!”
“Hai ragione, andiamo in camera”.
Ci mettiamo a parlare del più e del meno. Scopro anche che lei non a mai conosciuto sua madre: che incredibile coincidenza, io non mi ricordo per niente mio padre!
Ora so che i suoi interessi sono scrivere, leggere e andare in giro a fare spese. Più o meno, gli hobby sono uguali.
Anche se non ci credo, sono già arrivate le sette. Sento suonare al piano di sotto: è sicuramente il padre di America.
Scendiamo giù, America incomincia a prepararsi e fa due battute sul pomeriggio passato insieme, mentre mia madre va ad aprire.
Sull’uscio vedo un uomo alto, sulla quarantina, bruno e piuttosto affascinante. Assomiglia molto alla figlia e sorride a trentadue denti.
Anche America sorride. A un certo punto, però, il padre della mia compagna diviene serio.
“Posso entrare?” chiede freddamente.
“Certo, signor Centoni” risponde mamma altrettanto indifferentemente.
Mi viene uno strano pensiero in mente: come può essere che la mia genitrice conosca il nome dell’uomo? Io non le ho detto chi era la mia compagna, almeno non ho comunicato chi era venuta a casa mia…
L’atmosfera è diventata tesa. Non capisco cosa succede…
All’improvviso, la mamma e il signor Centoni prendono me e America dalle spalle e ci accompagnano sul divano. Ci fanno sedere. Ma che cavolo c’è?!?
“È arrivato quel momento che avrei tanto voluto non arrivasse mai” annuncia mamma. “Ma ora vi diremo tutta, ma proprio tutta la verità”.
Io e la mia compagna siamo confuse. Farnetichiamo un “Sì, va bene” e ci mettiamo ad ascoltare quella storia che ci cambierà la vita.
“Be’, ecco” esordisce il signor Centoni “quando voi due avevate tre mesi, io e vostra madre abbiamo incominciato a litigare su molte cose, per i punti di vista opposti che avevamo. La vita insieme era diventata impossibile, e abbiamo deciso per il vostro bene di avviare le pratiche per la separazione”.
“Per il nostro bene, eh!” singhiozza America.
“Sì, per il vostro bene, tesoro” replica mamma “e, tre anni dopo, abbiamo divorziato. Non ci siamo più rivisti, abbiamo deciso di dimenticare, e farvi dimenticare, fino ad oggi. Abbiamo sbagliato, ci dovete perdonare…”
“Ma mamma, io ho una sorella gemella, e tu non me l’hai detto! Come posso perdonarti?!”
Io e America, colpite dalla notizia, ci abbracciamo piangendo, e decidiamo di non separarci mai, mai più.